DON AURELIO: MAESTRO DI VITA E INCISIVO EDUCATORE (Francesco Flora)
Con sentimenti di gratitudine all’ideatore di una così nobile iniziativa è, per me,
motivo di emozionante orgoglio partecipare, nel quinto anniversario della morte
di don Aurelio Pulla, alla stesura del libro in omaggio alla veneranda memoria
del Parroco che, per lungo periodo, è stato “l’apostolo” dell’intera comunità jelsese.
Ho trascorso i miei anni adolescenziali, dal primo giorno del suo arrivo in
Jelsi, nell’ambito dell’Azione Cattolica Italiana, la cui sede era al piano interrato
e piano terra della casa parrocchiale di via Roma. Nell’ACI si entrava in tenera
età partendo dalla Fiamma bianca-verde-rossa per poi, a misura di età, continuare
come aspirante minore, maggiore, junior ecc. Ne conservo ancora le tessere
in qualità di socio.
All’indispensabile insegnamento della radiosa via del bene spirituale don Aurelio,
vulcano inesauribile d’iniziative, estraeva da ognuno di noi, con innata amorevolezza,
quanto di meglio la capacità propria del singolo potesse esprimere.
La parola, da sempre espressione dell’animo umano, utilizzata con chiara eloquenza
dal Parroco lasciava il posto, in occasione di ricorrenti rimproveri al silenzio.
L’esuberanza giovanile, foriera di ogni eccesso, il “maestro” la reguardiva
con efficacissimi e prolungati silenzi accompagnati talora da innocui interventi
materiali. Personalmente sono stato oggetto di una tirata d’orecchie da don Aurelio
in quanto, sorpreso in atteggiamento non consono, allora, al luogo. Fra le
innumerevoli marachelle di allora vale la pena ricordarne qualcuna. Erano gli
anni cinquanta e in Italia, per la prima volta, entrava la televisione in alcune
pochissime case. Qualche esercizio pubblico commerciale aveva anticipato i
tempi. Presso la casa parrocchiale, l’intuizione di don Aurelio fa sì, con non trascurabili
sacrifici, che si realizzasse la sala TV. Venivano mandati in onda i cosiddetti
“originali televisivi” oggi “fiction” e la maggior parte degli abitanti di
Jelsi, con la sedia al seguito prelevata nella propria abitazione, si recavano nella
sede per poter assistere alla proiezione.
Era dicembre e durante una di quelle puntate, con la sala stipata in ogni ordine
di posto e nella fase più appassionante per gli spettatori decidemmo, con
un’idea fulminea, di rovesciare mezzo secchio di colla, utilizzata per l’allestimento
del presepe in chiesa, nel tubo di scarico della stufa allora ubicata sul terrazzo
dell’edificio. Trascorsero pochi secondi e la sala TV fu invasa da un denso
fumo con conseguente e altrettanto fulmineo, così come l’idea, di un fuggi fuggi generale! Qualcuno, governato da specifiche capacità d’iniziativa, partì alla ricerca
di don Aurelio il quale, informato dell’evento né intuì lo spirito e, con malcelato
sorriso, al cospetto dell’informatore, ci rimproverò.
E la vespa motociclo di don Aurelio? Trafugata una sera, dal giovane “piu’ anziano”
poiché idoneo alla guida, per raggiungere un paese limitrofo ove si svolgeva
una delle tante feste paesane, resasi successivamente inefficiente fu colà
abbandonata e recuperata solamente dopo alcuni giorni.
L’abitazione privata del Parroco, insieme ai familiari, si trovava al primo piano
e se ciò assicurava la presenza costante della nostra guida, non pochi disagi,
con le nostre frequenti scorribande, dovevano subire i propri familiari. Mi sia
consentito, ora per allora, porgere alla Signora Titina, sorella del compianto
maestro, affettuose scuse.
Francesco Flora